Bilancio di Sostenibilità: un Obbligo per le Grandi Imprese e una Opportunità per chi Applica i Modelli 231

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Bilancio di Sostenibilità:

Un Obbligo per le Grandi Imprese ma anche un’Opportunità per chi Applica i Modelli 231

Di Enrico Pintucci – Partner AQM per i Modelli 231

Bilancio di Sostenibilità-Un Obbligo per le Grandi Imprese Opportunità per i Modelli 231

Un Obbligo per le Grandi Imprese un’ Opportunità per chi applica i Modelli 231

Bilancio di Sostenibilità

Il citato bilancio è sostanzialmente uno strumento di responsabilità sociale d’impresa, poiché rende note tutte le azioni intraprese dalle organizzazioni, oltre che in materia economica, anche su tutta la materia che abbia un riflesso sulle relazioni socialmente rilevanti.

Tra gli aspetti più significativi è opportuno richiamare la descrizione del Modello aziendale e le politiche applicate in termini di impatto ambientale, sulla salute e sulla sicurezza e sugli aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale, associate ai principali rischi connessi a tali ambiti, alle procedure di dovuta diligenza applicate, alla lotta contro la corruzione.

E’ di immediata comprensione la stretta relazione esistente tra i processi interni alla base di queste rilevazioni e l’applicazione dei Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo previsti dal decreto legislativo 231/2001 e successive integrazioni.

In proposito vale la pena di svolgere alcune riflessioni dalle quali possano trarre spunti di miglioramento tutte le PMI che adottano i Modelli 231.

Prima di tutto è utile osservare che il decreto 254/2006 precisa che dovranno essere fornite informazioni sul modello aziendale di organizzazione “ivi inclusi i modelli di organizzazione e gestione eventualmente adottati in base al decreto 231″.

Viene quindi sancito per la prima volta in un dispositivo di legge che il Modello 231 è parte integrante del più generale modello organizzativo e che il primo possa, in relazione alla dimensione dell’impresa, coincidere con il secondo. Chi segue le mie news sa che da molto tempo sostengo questa tesi che comporta la possibilità di utilizzare il Modello 231 come strumento di governance aziendale delle PMI, soprattutto se integrato con i sistemi qualità, sicurezza ed ambiente.

Il decreto 254 prescrive inoltre l’indicazione dei risultati conseguiti tramite l’utilizzo di indicatori fondamentali di prestazione di carattere non finanziario, nonché dei principali rischi che derivano dalle attività dell’impresa, dai suoi prodotti, servizi e rapporti commerciali. Apre dunque la strada ad una reportistica inedita, più ampia e qualitativa anche sulla compliance 231.

Suggerisco ai componenti degli Organismi di Vigilanza ed ai referenti aziendali per la 231 di analizzare con attenzione gli indicatori suggeriti dalle linee guida per la stesura dei bilanci di sostenibilità in materia di gestione delle competenze, composizione e impiego del personale, pari opportunità ed equa retribuzione, impatti sociali e catena delle forniture.

A questi aggiungo il mio invito a sviluppare anche specifici indicatori di rischio, così detti KRI, che vengono quasi sempre trascurati nell’individuazione delle politiche di rischio e della loro relativa mappatura.

Non è inoltre trascurabile considerare che quegli stessi contenuti della reportistica propria dei Modelli 231, sinora considerata interna alla dialettica tra Organismo di Vigilanza ed Organi sociali acquista con il decreto 254 una valenza anche esterna che non potrà non avere implicazioni anche nel rafforzamento del ruolo dell’Organismo di Vigilanza, nella sua differenziazione rispetto al Collegio Sindacale e nella maggiore chiarezza di rapporti con lo stesso.

Sono quindi molteplici gli spunti di riflessione derivanti dai contenuti del decreto e delle sue linee guida per tutte le imprese che applicano i Modelli 231, indipendentemente dall’ambito di applicazione della disciplina in questione.

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