I Modelli 231 Facilitano il Ricorso allo Smart Working

di Enrico PINTUCCI partner AQM per i Modelli 231

E’ un momento particolarmente delicato per l’economia italiana e le restrizioni che ci sono state imposte avranno certamente conseguenze sul piano lavorativo. Se il mondo produttivo, il quale ha sempre dimostrato grandi capacità di adattamento, decidesse di entrare nell’ottica di un approccio diffuso allo smart working, a cui oggi molte imprese stanno forzatamente facendo ricorso, potrà maturare una diversa consapevolezza nella concezione del lavoro con significativi frutti in termini di risparmio economico e miglioramento della produttività.

Ricordo che il lavoro agile – questo è il corrispondente termine italiano – è regolamentato dalla L. 81/2017 e prevede: accordo scritto tra datore di lavoro e dipendente, superamento del rispetto del limite (40 ore) del normale orario di lavoro, regolamentazione del potere di controllo.

Resta una forma di lavoro subordinato, anche se comporta una maggiore autonomia del dipendente che non lavora più per compiti ma per obiettivi.

Il ricorso all’applicazione diffusa del lavoro agile presenta molteplici criticità per il datore di lavoro che, a nostro avviso, possono essere facilmente superabili soltanto da parte delle aziende che applichino i Modelli 231. 

Sotto un profilo strettamente economico, l’uso generalizzato, ove possibile, di questa nuova modalità lavorativa offre potenziali vantaggi sia al datore di lavoro che al dipendente: la flessibilità di cui si avvantaggia il lavoratore nella gestione degli orari abilita il datore ad accordi che inibiscano lo svolgimento di ore di attività straordinaria o notturna, mentre per il lavoratore si determina un risparmio di molte spese vive quotidiane ed un recupero del tempo libero. Inoltre l’associazione del lavoro agli obiettivi può dar luogo a forme più elastiche di retribuzione comprensive, ad esempio, di fringe benefits ricavati da risparmi sui costi permanenti degli uffici, piuttosto che di aumenti salariali.                   

Una volta considerati gli aspetti economici, è opportuno analizzare gli svantaggi e le criticità sotto il profilo organizzativo. Il datore di lavoro è infatti impegnato ad impartire specifiche e vincolanti disposizioni che incidano sulle modalità temporali di prestazione dell’attività. Potrà, ad esempio, richiedere al dipendente di rendersi reperibile in determinate fasce orarie, o di programmare il lavoro in altre per potersi coordinare con i colleghi e con i propri superiori, ancora, di partecipare a meeting in determinati orari e di rapportarsi a cadenze prestabilite con il proprio responsabile per rendicontare l’attività svolta.

A questi aspetti organizzativi si aggiungono tutte le precauzioni in materia di sicurezza. A questo proposito sarà necessario applicare regole stringenti per mettere in sicurezza i collegamenti tra il computer o altro device remoto e l’azienda, identificare univocamente il numero di persone che può accedere alla rete dall’esterno, tracciando la rispondenza tra abilitazioni e lavoro da espletare, processare con il massimo grado di controllo possibile la produzione di documenti a firma digitale, non affidarsi ad app sconosciute per funzionalità da usare in remoto. In aggiunta, è necessario riuscire a cancellare i dati dai dispositivi di cui sia stato denunciato lo smarrimento o il furto, separare i dati personali da quelli di lavoro, limitare le applicazioni che possano essere installate.  

Ulteriori tutele si richiedono per il rispetto delle disposizioni sulla privacy: il rischio di infrangere le regole è altissimo. Le informazioni in possesso del lavoratore sono   dati che l’azienda deve proteggere con la massima attenzione: come si trova la giusta misura? Anche il lavoro da remoto richiede l’applicazione di principi di responsabilizzazione per tutti i gradi gerarchici aziendali. Sarà quindi opportuno ricorrere ad alcune precauzioni, ad esempio, vietando di fornire a terzi per telefono qualsiasi informazione aziendale non autorizzata, limitando l’uso di social network o di applicazioni non autorizzate dai device usati per i processi aziendali. Ovviamente andrà rispettata anche la tutela della privacy dei dipendenti, in applicazione dei principi dello Statuto dei lavoratori, come modificato dal jobs act.   

Per garantirsi accessi sicuri da remoto ed un uso idoneo dei dispositivi informatici utilizzati, è poi opportuno assicurare una chiara comunicazione che consenta ai dipendenti di essere consapevoli dei propri diritti e dei possibili rischi informatici in cui possono incorrere lavorando da casa.

Regole organizzative ed appropriata comunicazione sono, a ben considerare, proprio i capisaldi su cui poggia l’applicazione di un Modello 231. I principi richiamati nei Codici Etici e le prescrizioni contenute nei Protocolli rappresentano infatti gli strumenti più funzionali per la realizzazione di un nuovo sistema di applicazione delle responsabilità individuali, la così detta accountability, che consentirà di mantenere in vita, in una forma innovativa, quel sistema di controllo interno di tipo tradizionale venuto meno a seguito della perdita di presidi di controllo diretto ed accentrato.

Lo sviluppo del lavoro snello in aziende che già applichino un Modello 231 offre anche ulteriori vantaggi.

In primo luogo è possibile evitare il singolo accordo scritto tra datore di lavoro e dipendente, nel quale viene fatto riferimento a regole del tipo  “compilazione di evidenze con le prestazioni da svolgere in un arco temporale”, o “modalità di misurazione del conseguimento degli obiettivi concordati”, cioè delle forme di esercizio del potere di controllo,  poiché questi metodi saranno oggetto di prescrizioni richiamate nei Protocolli validi per tutti Sarà quindi possibile indicare nei singoli accordi il semplice rinvio alle prescrizioni del Modello, così evitando possibili discriminazioni o comportamenti troppo discrezionali da parte dei capi del personale.

In secondo luogo, poiché la legge prevede che siano individuate le condotte che, se violate o disattese dai lavoratori, comportano l’applicazione di sanzioni disciplinari, può risultare adeguata una previsione di inadempienze da inserire nello specifico sistema sanzionatorio previsto dal Modello, senza utilizzare il rinvio alle disposizioni in materia di contratti collettivi che potrebbero rendere necessaria la consultazione sindacale.

Infine il Modello permetterà di stabilire prioritariamente quali attività possano essere incluse e quali escluse dall’applicazione di contratti di lavoro agile, così evitando possibili contestazioni sindacali ogni volta che vengano aggiornate le modalità di applicazione.

Per concludere, l’applicazione del Modello 231 consentirebbe di attuare forme di lavoro agile, mantenendo l’esercizio di un sistema di controllo interno adeguato e contenendo le possibili conflittualità sindacali, entrambi fattori che risulterebbero fortemente critici in sua assenza.       

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