Con l’inserimento dei reati fiscali i Modelli 231 perdono definitivamente il carattere di semplici strumenti di prevenzione penale

di Enrico PINTUCCI partner AQM per i Modelli 231

Sostengo da sempre che la legge 231/2001 può essere interpretata in due modi diversi: il primo, riduttivo, come strumento di attuazione di un puro sistema di prevenzione penale, il secondo, più estensivo, come opportunità di creazione di un sistema di controllo dei diversi sistemi di gestione esistenti in azienda.

Nel primo caso l’approccio alla normativa è una risposta ad un bisogno di natura giudiziale che è caratterizzato dall’adozione di una “assicurazione”; nel secondo è un modo di comprendere che il Modello possa essere applicato per una sua influenza sull’intera azienda, a differenza di altri sistemi di gestione del rischio quali, ad esempio, sicurezza e ambiente che risultano settoriali nella loro applicazione nei processi aziendali.

Ad un esame approfondito, di taglio più operativo che giuridico, emerge la possibilità di intervenire sul Modello con una prospettiva diversa dalla prevenzione penale e dalla compliance ad una disposizione normativa, particolarmente adatta per le PMI che non dispongono di un robusto sistema di governance aziendale. Il Modello può infatti essere adottarlo quale sistema di controllo interno che permetta di gestire qualsiasi forma di rischio operativo. Ne consegue che la proprietà potrà contare su una governance aziendale capace di monitorare le attività tramite registrazioni e flussi informativi che soddisfino le diverse esigenze di chi opera e di chi esercita il controllo sull’operato altrui.

In tal modo sarà definitivamente superato il pregiudizio di valutare l’adozione del Modello in modo negativo, quale ulteriore adempimento generatore di costi e responsabilità di cui si poteva fare a meno.

L’approccio organizzativo in precedenza delineato assume una valenza oggettiva proprio a seguito dell’introduzione dei reati penali nell’ambito della responsabilità amministrativa delle imprese. Il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, piuttosto che il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, sono reati associabili ad aree di attività sensibili che riflettono esigenze di controllo anche per scopi completamente diversi, quali la prevenzione di reati societari o contro la pubblica amministrazione, tutti però riconducibili alla gestione amministrativa/contabile.

E’ sufficiente questa considerazione per trarne la conclusione che è erroneo affrontare solo il tema della prevenzione penale, ma è necessario attivare forme di controllo più articolato sul sistema di gestione dell’attendibilità del bilancio e della contabilità dell’azienda.  

Se a ciò aggiungiamo l’esistenza di processi aziendali informatizzati, i quali pongono la necessità di esercitare controlli sull’accesso, sull’utilizzo e sulla conservazione sostitutiva delle informazioni amministrative e contabili, ne deduciamo l’esigenza di rinforzare i controlli anche sotto questo aspetto.   

A riprova, è bene ricordare che anche le disposizioni concernenti le responsabilità degli organi di controllo societari, revisore contabile e società di revisione, hanno l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente se l’assetto organizzativo dell’impresa sia adeguato, se sussista l’equilibrio economico-finanziario e quale sia il prevedibile andamento della gestione.

Si ribadisce pertanto che i processi produttivi, i flussi economici, il sistema di gestione dei dati e degli apparati informatici e la tutela dei soci/azionisti costituiscono aspetti diversificati da sottoporre ad un unico sistema di controllo integrato. Per le PMI questo sistema ha un nome inconfondibile: si chiama Modello 231. Grazie alla sua efficace applicazione sarà quindi possibile valutare il sistema di gestione fiscale quale componente del più generale sistema di controllo interno e di gestione dei rischi.

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